Avvocato in diritto sanitario: cosa bisogna sapere e a chi rivolgersi in caso di necessità

15 Febbraio 2023 - Redazione

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Avvocato esperto in diritto sanitario: di cosa si occupa

Quando si discorre di diritto sanitario, si fa riferimento ad una precisa branca del diritto che si occupa di far funzionare due aspetti fondamentali del nostro Paese: il diritto alla salute ed il Servizio Sanitario Nazionale, ossia la cosiddetta sanità pubblica.

Il diritto sanitario è quel complesso di norme che cerca di garantire a tutti, indipendentemente da etnia, sesso, o cittadinanza, cure adeguate su tutto il territorio della Repubblica, in qualsiasi struttura sanitaria.

In modo generale, infatti, è possibile definire il diritto sanitario come quella branca del diritto che si occupa anche di stabilire e di far rispettare gli aspetti organizzativi della sanità pubblica.

Il SSN, acronimo proprio di Servizio Sanitario Nazionale ed istituito ufficialmente dalla legge n. 833 del 1978, si occupa proprio di garantire assistenza sanitaria a chi ne ha bisogno. 

Il Servizio Sanitario Nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio".

 

Il diritto alla salute

La nostra Carta Costituzionale prevede espressamente il diritto alla salute, che rappresenta un vero e proprio diritto fondamentale del singolo cittadino garantito dallo Stato.

Partiamo dal presupposto che è possibile definire lo stato di salute come il benessere psicofisico di una persona, ma cosa si intende esattamente con “diritto alla salute"? 

Non significa che occorre semplicemente prevenire o curare malattie, ma comprende anche il diritto di ricevere prestazioni sanitarie, vivere in un ambiente salubre e molto altro ancora.

Lo Stato ha perciò il dovere di garantire assistenza anche agli indigenti, ovvero coloro che non hanno a disposizione risorse economiche, e questo perché il diritto alla salute prevale su qualsiasi diritto di natura patrimoniale.

In alternativa occorre semplicemente pagare il famoso “ticket” in modo da partecipare alle spese sostenute dallo Stato per l’erogazione dei servizi pubblici sanitari.

legale specializzato in diritto sanitario

 

Di quali casistiche si occupa l'avvocato esperto in diritto sanitario

Così come esistono avvocati esperti in diritto penale, commerciale e civile, esistono anche avvocati che hanno deciso di operare nel mondo del diritto sanitario. Questo significa che, nel caso in cui un soggetto dovesse subire una illecita compressione della sua sfera giuridica in questo ambito, ha la possibilità di difendersi rivolgendosi ad un esperto del settore.

Ma quando è possibile rivolgersi concretamente ad un avvocato?

Sono diversi i casi in cui occorre richiedere l’aiuto ad un professionista e, onde evitare accavallamenti, è bene analizzarli singolarmente.

 

Malasanità

È possibile rivolgersi sicuramente ad un avvocato esperto in diritto sanitario in tutti i casi di malasanità.

Lo stesso vale per l’errata o inadeguata diagnosi di una malattia da parte del medico e anche per la prescrizione al paziente di cure mediche inutili o addirittura dannose.

Si è sempre nell’alveo della malasanità anche nel caso di cattiva amministrazione della sanità pubblica oppure in caso di reati commessi contro la Pubblica Amministrazione.

In questi, e molti altri casi ancora, è fondamentale richiedere una consulenza ad un avvocato esperto, anche perché non è semplice dimostrare al giudice di aver subito un danno a causa della malasanità.

È necessario approfondire ora i singoli casi sintomatici della cattiva gestione della sanità pubblica o privata.

 

Errore diagnostico

Non molto tempo fa la Suprema Corte di Cassazione è ritornata sul tema della responsabilità medica e, più in generale, della malasanità, parlando proprio dell’errore diagnostico.

Con la sentenza n° 47448/2018, i giudici della Suprema Corte hanno statuito che l’errore diagnostico è tale non solo nel caso in cui il medico non è in grado di inquadrare il caso clinico in una determinata classe di patologie note, ma anche quando effettua un errore di inquadramento, ad esempio considera come lieve una patologia in realtà grave.

Per i giudici l’errore diagnostico si concretizza anche quando il sanitario non sottopone il paziente a precisi controlli ed accertamenti necessari per poter formulare una diagnosi corretta.

Per poter comprendere l’innovazione raggiunta con la sentenza della Cassazione, occorre effettuare una breve analisi diacronica del fenomeno. Nell’ormai lontano 2009 non c’era alcuna norma che prevedeva particolari prescrizioni in materia di responsabilità medica.

In breve, era praticamente indifferente se il medico versasse in colpa grave o lieve, ma le cose sono cambiate nel 2012, anno in cui è entrata in vigore la famosa Legge Balduzzi, ma il quadro normativo è mutato ulteriormente nel 2017, anno in cui entra in vigore la celebre Legge Gelli Bianco.

 

Cosa sono le linee guida e quando è possibile parlare di errore diagnostico

In modo generico, è possibile definire le linee guida come gli standard terapeutici conformi alle regole dettate dalla migliore scienza medica a garanzia della salute dei pazienti.

In sintesi, rappresentano una sorta di condensato delle acquisizioni scientifiche, tecnologiche e metodologiche concernenti diversi ambiti operativi: insomma, una sorta di vademecum per i dottori e per i sanitari in generale.

Questo significa che, in ossequio a quanto disposto dall’articolo 590 sexies del Codice Penale, l’osservanza delle raccomandazioni previste dalle linee guida o dalle buone pratiche clinico assistenziali, escludono la colpa del professionista. Costui, al massimo, potrebbe rispondere in sede civile, ma giammai in sede penale. Questo perché, l’osservanza delle linee guida escludono la negligenza, l’imperizia, imprudenza del medico, elementi che, come è noto, caratterizzano la cosiddetta “colpa”.

 

Errore prognostico

Diverso dall’errore diagnostico è il cosiddetto errore prognostico. Come lo stesso nome suggerisce, in tal caso non c’è un errata valutazione della diagnosi, ovvero dell’inquadramento della malattia, ma l’errore ricade sul suo decorso.

L'errore prognostico viene commesso dai medici quando sbagliano il calcolo della decorrenza di una determinata patologia, ad esempio, il medico ritiene che la malattia non sia particolarmente aggressiva e non possa mettere in pericolo di vita il paziente ma, dopo poco tempo, il paziente perde la vita a causa di quella stessa malattia o subisce un pregiudizio dalla stessa.

Anche in questo caso è possibile rivolgersi ad un avvocato esperto nel mondo del diritto sanitario e fare causa al medico o alla struttura ospedaliera presso la quale opera.

 

Errore terapeutico

Quando si discorre di malasanità e di errori commessi dai dottori, non è possibile non fare riferimento al cosiddetto errore terapeutico, ovvero un errore commesso nel trattamento della malattia.

L’errore terapeutico coinvolge l’uso errato di farmaci o di altri strumenti per poter curare la malattia diagnosticata dal medico. Ad un livello basso, l’errore terapeutico può non essere pericoloso per il paziente, ma se si pensa ad esempio alla somministrazione di un farmaco a cui il paziente è gravemente allergico, il quadro della gravità cambia.

L’errore terapeutico più classico è la dispensazione o l’errato dosaggio di un determinato farmaco al paziente.

Si tratta, purtroppo, di un errore umano che può essere causato anche da fattori esterni come ad esempio la distrazione mentre viene redatta la prescrizione medica.

Anche a causa di questo particolare errore, ovviamente, è consigliabile rivolgersi ad un avvocato esperto nel settore sanitario e chiedere il risarcimento del danno causato dalla negligenza, imprudenza ed imperizia del professionista che ha prescritto il farmaco.

avvocato per errore medico  

Come richiedere il risarcimento del danno causato

Per poter richiedere il risarcimento del danno causato dal professionista è necessario incardinare un processo dinanzi al giudice competente.

Vien da sé quindi che è fondamentale rivolgersi ad un avvocato esperto in questo settore, ma è importante anche disporre della documentazione necessaria affinché il legale possa dimostrare in giudizio non solo l’errore medico ed il danno causato ma anche, e forse soprattutto, il nesso eziologico che intercorre tra gli stessi.

Tra di questi rientrano:

  • Cartelle cliniche;
  • Ricevute delle prestazioni mediche;
  • I risultati delle visite; 
  • Le analisi poste in essere;
  • Il diario clinico comprendente di tutti gli esami effettuati, comprese  lastre, tac, radiografie nonché il percorso diagnostico e terapeutico

In genere, una volta consultata tutta la documentazione, l’avvocato provvederà a mettersi in contatto con un consulente specializzato nella patologia che interessa il proprio cliente poichè solo in questo modo potrà effettivamente comprendere se vi sia o meno un danno subito oppure no.

L’iter volto ad ottenere il risarcimento inizia con una richiesta di risarcimento contenuta in una lettera scritta o in una PEC indirizzata direttamente al medico ed alla struttura ospedaliera.

Mediante tale missiva è possibile esporre i fatti ed esporre le relative contestazioni, ed ovviamente richiedere il risarcimento del danno. Se tale missiva non ha nessun effetto, l’avvocato può tentare di trovare un accordo con il medico e la struttura sanitaria in modo da evitare il processo.

Se anche l’accordo dovesse risultare impossibile, l’avvocato su richiesta del proprio cliente potrà solamente optare per la strada del processo di merito ed attendere la pronuncia del giudice.

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