Reato di maltrattamenti in famiglia: cosa sapere sull'articolo 572 del Codice Penale
29 Marzo 2023 - Redazione
Maltrattamenti in famiglia: quando si configura il reato e quali sono le sanzioni
Il reato di maltrattamenti in famiglia è espressamente disciplinato nel Codice Penale e si riferisce alla condotta di un soggetto che maltratta un familiare o un convivente, ovvero un altro soggetto su cui il primo esercita un’autorità per qualsiasi motivo.
Sanzionando questa condotta il legislatore cerca di tutelare tutte le vittime da maltrattamenti subiti da parte di soggetti con cui hanno un rapporto personale, continuativo ed abituale.
La sanzione prevista dalla legge per chi pone in essere questa condotta delittuosa è la reclusione, ovvero una pena detentiva, che varia a seconda che si tratti dell’ipotesti prevista dal primo comma dell'articolo 572 del Codice Penale o delle ipotesi previste negli altri commi del medesimo articolo.
Inoltre al fine di garantire maggior tutela possibile, il legislatore ha previsto la cosiddetta procedibilità d’ufficio per il reato di maltrattamento familiare.
- Indice contenuti
- Cosa dice l'articolo 572 del Codice penale
- Quali sono le tipologie di violenze e come si configura il reato
- Distinzione tra soggetti attivi e passivi
- Elemento oggettivo e soggettivo del reato
- Quali sono le aggravanti
- Cosa si intende con violenza assistita
- Cos'è il "codice rosso" per la violenza familiare
- Quali sono le pene previste per la violenza familiare
- Come tutelarsi, quali misure possono essere messe in atto
- Come trovare un professionista legale per tutelarsi da queste fattispecie di violenza
Cosa dice l'articolo 572 del Codice penale
Il reato di maltrattamenti in famiglia è previsto, come abbiamo anticipato, dall’articolo 572 del Codice penale il quale stabilisce che chiunque maltratti:
- Una persona della famiglia o convivente;
- Una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia;
- Una persona a lui affidata per l’esercizio di una professione o di un’arte,
è punito con la reclusione da tre a sette anni.
Il secondo comma prevede un inasprimento della pena fino alla metà nel caso in cui il fatto venga commesso in presenza o in danno di una persona minorenne, di donna in stato di gravidanza o di persone con disabilità ai sensi dell’articolo 3 della Legge 5 febbraio 1992 n. 104, ovvero se il fatto viene posto in essere con l’uso di armi.
Infine, il terzo comma stabilisce che se dal fatto sopra descritto deriva una lesione personale grave si applicherà la reclusione da quattro a nove anni, mentre se ne deriva una lesione gravissima la reclusione sale da sette a quindici anni; se dal maltrattamento deriva la morte della persona offesa, la reclusione va dai dodici ai ventiquattro anni.
L’ultimo comma dell’articolo 572 del Codice Penale stabilisce, inoltre, che il minore che assiste a scene di maltrattamenti si considera persona offesa dal reato. Lo scopo perseguito dal legislatore è chiaro e consiste nel tutelare l’integrità psico-fisica del minore che assiste a tale reato.
Quali sono le tipologie di violenze e come si configura il reato
Il reato di maltrattamenti familiari rientra nel novero dei reati a condotta libera, ciò significa che si tratta di un delitto non caratterizzato da condotte puntualmente tipizzate e disciplinate dal legislatore per essere considerato consumato; può perciò essere consumato ponendo in essere svariate condotte idonee a ledere il bene giuridico tutelato dalla norma.
In base al lavoro svolto dalla dottrina e dalla giurisprudenza oggi è possibile individuare ben quattro tipologie di violenza familiari:
- La violenza sessuale: rappresenta qualsiasi ingerenza nella altrui sfera personale e sessuale di un individuo senza il suo consenso. La violenza sessuale si manifesta sia nella fase dell’esplosione della violenza, sia nella fase della cosiddetta “luna di miele”.
- La violenza psicologica: rappresenta forse la tipologia di violenza maggiormente diffusa nel nostro Paese nonchè una delle più pericolose e subdole. È caratterizzata da minacce, umiliazioni continue e sistematiche, anche dinanzi a terzi, che costringono la parte offesa a sottomettersi al proprio maltrattatore. La sua pericolosità deriva dalla estrema difficoltà di dimostrare la sua stessa esistenza nelle aule del Tribunale, perché spessissimo chi ne è vittima tende a non denunciare gli abusi subiti.
- La violenza economica: rappresenta una sorta di sottocategoria della violenza psicologica ed è caratterizzata dall’impedimento alla vittima di trovare un impiego, con relativa segregazione nelle mura domestiche. Un’altra forma di violenza economica è la costrizione della vittima a consegnare al maltrattante tutti i propri guadagni, con conseguente dipendenza economica tra maltrattato e maltrattante.
- La violenza fisica: comprende tutte quelle condotte che ledono fisicamente, oltre che moralmente, la persona come ad esempio le percosse, le bruciature di sigaretta, l’uso di oggetti al fine di percuotere e molto altro. Ovviamente si tratta di condotte che cagionano lesioni o, nei casi più gravi, addirittura la morte del familiare.
Distinzione tra soggetti attivi e passivi
Al fine di distinguere quali sono i soggetti passivi ed attivi del reato in esame è necessario distinguere il caso in cui l’art. 572 c.p. chieda un rapporto c.d. qualificato da quelli in cui si riferisce ai rapporti derivanti dalla convivenza. In quest’ultimo caso assume la qualifica di soggetto attivo chi pone in essere condotte di maltrattamenti nei confronti di un convivente.
L’ambito di applicazione della norma è estremamente ampio poiché la norma non richiede un rapporto qualificato tra chi pone in essere la condotta e chi la subisce, se non la condivisione di spazi comuni: in poche parole, l’autore del reato può essere chiunque, a prescindere dal vincolo personale che lo lega con la persona offesa.
Viceversa la questione diventa più complessa quando la norma richiede un rapporto qualificato, ovvero uno dei tre rapporti:
- Familiari;
- Di esercizio di autorità, si pensi a chi ad esempio esercita un rapporto di lavoro;
- Di affidamento per le ragioni più disparate, come ad esempio di istruzione, di cura, educazione, vigilanza.
Al fine di avere una maggiore consapevolezza del concetto di familiari e di famiglia, è consigliabile visionare la sentenza della Suprema Corte di Cassazione del 2010 la n. 9242 dove i giudici hanno definito la famiglia come "un consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni di vita, siano sorti rapporti di assistenza e solidarietà".
Elemento oggettivo e soggettivo del reato
Più volte la Cassazione ha precisato qual è l’elemento oggettivo del reato di maltrattamenti in famiglia, ovvero una pluralità di atti vessatori finalizzati a causare sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti successivi, anche se in un limitato contesto temporale.
Per quanto concerne l’elemento soggettivo del reato in esame invece è il dolo, in assenza del quale il reato di maltrattamenti in famiglia disciplinato dall'articolo 572 del Codice Penale non si configura.
La giurisprudenza, tra l’altro, ha precisato in più occasioni che, al fine di configurare il reato in questione, è sufficiente il cosiddetto dolo generico ovvero la semplice coscienza e volontà di sottoporre il soggetto passivo ad una serie di sofferenze fisiche e morali in modo continuo ed abituale in modo da lederne complessivamente la personalità.
Quali sono le aggravanti
Visto il clima attuale, caratterizzato da un aumento progressivo delle condotte di maltrattamento in famiglia, il legislatore ha deciso di introdurre delle aggravanti al fine di inasprire ulteriormente le sanzioni previste per questo reato.
Il cosiddetto Codice Rosso ha introdotto l’aggravante prevista dal secondo comma dell’art. 572 c.p. ovvero quando “il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità, ovvero se il fatto è commesso con l’uso di armi”.
L’aggravante consiste in un inasprimento della pena detentiva fino alla metà rispetto a quella prevista dal primo comma. Al comma terzo il legislatore ha previsto delle ipotesi di eventi che possono aggravare il reato e, conseguentemente, aumentare la pena.
Si tratta della lesione personale grave (in tal caso la reclusione oscilla da 4 anni fino a 9); lesione personale gravissima (in cui la reclusione va dai 7 ai 15 anni); la morte della vittima (con reclusione da 12 a 24 anni).
Cosa si intende con violenza assistita
Al fine di tutelare maggiormente i minori e le donne dal reato di maltrattamenti, il Codice rosso ha introdotto all’ultimo comma dell’art. 572 c.p. la cosiddetta violenza assistita o indiretta, ossia la violenza subita dal minorenne che assiste ai maltrattamenti di cui all’art. 572 c.p.
Lo scopo è quello di tutelare i minori, che assistono ad episodi di aggressività, violenza, manipolazioni o brutte separazioni dei genitori.
Tutte queste condotte, tra altre, violano il diritto che hanno i minori di vivere un’infanzia serena e di ricevere tutte le attenzioni di cui hanno bisogno.
Cos'è il "codice rosso" per la violenza familiare
Con l’espressione Codice rosso si fa riferimento alla riforma emanata con la legge n. 69 del 2019, entrata in vigore il 9 agosto dello stesso anno, intitolata “Modifiche al Codice penale, al Codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestiche e di genere”.
La normativa in questione introduce nel nostro ordinamento giuridico novità importanti ed opera essenzialmente in tre direzioni diverse:
- Introduce nuovi reati;
- Inasprisce le sanzioni per quelli già previsti nel Codice penale;
- Disegna una procedura finalizzata a tutelare al meglio e prima chi vive in queste particolari situazioni di rischio.
Tra i reati introdotti nel nostro ordinamento con la riforma in esame ci sono:
- Il reato di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso ai sensi dell’art. 583 quinquies c.p.;
- La diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso dei soggetti ripresi ai sensi dell’art. 612 ter c.p;
- La costrizione o l'induzione al matrimonio ai sensi dell’art. 558 bis c.p.
Ovviamente il Codice Rosso ha inciso notevolmente anche sul reato di maltrattamenti in famiglia introducendo le aggravanti sopra esaminate.
Quali sono le pene previste per la violenza familiare
Visto e considerata la gravità del reato di maltrattamento contro familiari o conviventi, il legislatore ha deciso di punire tali condotte con la pena detentiva da tre a sette anni, mentre il secondo ed il terzo comma prevedono le aggravanti introdotte dal Codice rosso sopra richiamate.
Il motivo di una sanzione così aspra va rinvenuto nell’interesse tutelato dalla norma in questione; il reato di maltrattamento infatti calpesta letteralmente la personalità e la dignità della persona umana, valori che caratterizzano l’attuale Stato di diritto.
Il reato in esame è collegato all’art. 2 della Costituzione il quale dispone che La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Pertanto, non può essere tollerata alcuna compressione dell’integrità fisica e morale dei consociati.
Come tutelarsi, quali misure possono essere messe in atto
Il legislatore al fine di garantire la maggiore tutela possibile alle persone che subiscono il reato di maltrattamento in famiglia ha previsto una pluralità di strumenti di difesa.
In tal caso infatti è possibile fare ricorso alle misure precautelari ai sensi dell’art. 384 bis del c.p. il quale prevede l’allontanamento dalla casa familiare in caso di flagranza di reato.
All'allontanamento dalla casa familiare segue anche il divieto di avvicinamento alla stessa dell’autore dei reati di cui all’art. 282 bis c.p. (ovvero maltrattamenti, lesioni, stalking ed atti persecutori etc...) nel caso in cui sussistano fondati motivi che le condotte criminose possano essere reiterate.
Un altro strumento di tutela previsto dalla legge sono le misure cautelari, tra cui rientrano:
- Il divieto di dimora;
- Il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa;
- L'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria;
- Gli arresti domiciliari (ovviamente in un luogo diverso dalla casa familiare);
- La custodia cautelare in carcere
Esistono altresì anche le cosiddette misure di prevenzione, finalizzate a prevenire il compimento di determinati reati, quali ad esempio:
- La sorveglianza speciale;
- L’ingiunzione terapeutica;
- Le misure patrimoniali.
La sorveglianza speciale, ai sensi dell’art. 9 comma 4 e 5 del Codice Rosso, è stata estesa anche al delitto di maltrattamenti in famiglia e di stalking.
La finalità della misura è quello di prevenire il verificarsi di fatti delittuosi, ad esempio mediante il divieto di soggiorno in uno o più comuni o addirittura in una provincia. Per quanto concerne l’ingiunzione terapeutica, invece, il legislatore ha deciso di estenderla anche in favore del soggetto imputato di uno dei reati che rientrano nel novero della violenza di genere.
Si tratta in poche parole di un invito al presunto autore di reati di violenza domestica a sottoporsi ad un programma di osservazione trattamentale.
Infine esistono anche le misure patrimoniali, ovvero il sequestro finalizzato alla confisca dei beni strumentali alla realizzazione delle condotte previste dalla legge come reato.
Come trovare un professionista legale per tutelarsi da queste fattispecie di violenza
Se si è vittima di reati di maltrattamenti familiari, o se si è a conoscenza di situazioni affini, è di fondamentale importanza trovare un avvocato specializzato in diritto penale a cui rivolgersi per ottenere tutela. In questi casi, infatti la Legge rappresenta l'unico mezzo per poter trovare una soluzione definitiva al problema. Se sei alla ricerca di un avvocato esperto, noi di Quotalo.it ti aiutiamo a trovare in pochi semplici click il legale penalista più vicino a te a cui chiedere una consulenza legale.