Crimini informatici: quali sono e come fare per difendersi

11 Settembre 2019 - Redazione

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Cyberbullismo e truffe digitali, come riconoscerli e come tutelarsi

Capita molto spesso di ascoltare e leggere sui mezzi di informazione di crimini informatici che coinvolgono in maniera trasversale sempre più persone. C’è una realtà di violenza – perché di questo si tratta – che è molto più radicata di quanto si possa pensare e di quanto viene riferita dagli organi di informazione. Questo perché i crimini informatici sono diventati per molti aspetti la norma, tanto da non fare più notizia.

Questa normalizzazione di quelli che sono a tutti gli effetti dei reati, è piuttosto preoccupante e sintomo di un aggravamento di questo fenomeno. È quindi importante capire bene cosa si intende per crimini informatici, quali sono quelli più diffusi e, soprattutto, individuare i mezzi e gli strumenti (laddove ci sono) per difendersi.

Un primo elemento da sottolineare e prendere in considerazione è la distinzione tra reale e digitale. Tale distinguo appare sempre più sottile, tanto che può risultare obsoleto doverne parlare. In realtà la miopia intorno a questi tipi di reati è spesso figlia dell’incapacità di comprendere come il virtuale, il digitale, non sia un aspetto altro della vita delle persone e che può essere colpito come se ciò che viene commesso in rete non avesse conseguenze sulla vita reale.

I casi di cyberbullismo, di minacce, di aggressioni, di diffamazione di furto di identità o dati sensibili (tanto per citare i più comuni) non cessano di mietere conseguenze devastanti chiudendo l’app del social network dove si è stati attaccati o spegnendo lo smartphone. La vita reale di oggi è digitale e ciò che avviene nello spazio del web ha riflessi sull’esistenza di uomini e donne, e troppo spesso bambini, che si ritrovano facilmente esposti a essere vittime di questi criminali.

I crimini informatici hanno l’aggravante di rendere difficile l’identificazione del colpevole. L’anonimato di molti profili, la facilità di creare profili falsi e l’arroganza frutto del cosiddetto fenomeno dei “leoni da tastiera” ha portato ad abbassare la guardia, favorendo la diffusione di una violenza che spesso passa anche da “persone comuni”. Oltre i casi più estremi, infatti, il web – in particolar modo i social network – sono quotidianamente inondati di commenti carichi di odio e violenza che ognuno si sente in diritto di postare in calce alla notizia o al contenuto di turno.

Se a questo si aggiunge la rapidità con cui i crimini informatici possono essere perpetrati prima che qualsiasi forma di intervento possa essere efficace, è facile comprendere come il fenomeno abbia raggiunto le proporzioni di cui oggi ci lamentiamo.

Che cosa si intende per crimini informatici?

Per comprendere qualsiasi fenomeno è importante fare riferimento a delle definizioni. Nel caso dei crimini informatici si intendono quei fenomeni che, abusando della tecnologia informatica hardware e software, compiono attività considerate illecite nello Stato in cui vengono svolte (fonte: Wikipedia).

In Italia il legislatore ha più volte messo mano alla questione anche per aggiornare le normative alle nuove possibilità che il web e gli strumenti tecnologici rendono possibili. Sono fondamentalmente due leggi italiane cui fare riferimento in materia di crimini informatici e sono la Legge 547 del 23 dicembre 1993 e la Legge 71 del 29 maggio 2017. Esse, con un linguaggio che mostra la distanza di oltre vent’anni tra le due normative, si occupano di descrivere il fenomeno.

La Legge 547/1993 si esplicita quando si è di fronte a un caso di crimine informatico, ovvero quando: "Si ha, altresì, violenza sulle cose allorché un programma informatico viene alterato, modificato o cancellato in tutto o in parte ovvero viene impedito o turbato il funzionamento di un sistema informatico o telematico".

La Legge 71/2017, invece, prova a circoscrivere il fenomeno del cyberbullismo definendolo come: “Qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.

Quali sono i crimini che rientrano nei reati informatici

In base anche a quanto stabilito dalla legge italiana il campo dei crimini informatici andrebbe distinto in crimini contro le cose (crimini informatici in senso stretto) e crimini contro le persone (il cyberbullismo). Mantenendo questa distinzione possiamo vedere alcuni esempi dei più diffusi crimini informatici. Tale elenco è utile per capire cosa è da considerare lecito e cosa non lo è e come riconoscere un reato informatico.

Esempi di crimini informatici

Tra i casi più diffusi di crimini informatici troviamo:

  • Accesso ai sistemi informatici;
  • Detenzione di codici d’accesso;
  • Frode informatica (differente dalla truffa online);
  • Intercettazioni illegali.

L’accesso ai sistemi informatici si verifica quando ci si introduce all’interno di sistemi telematici protetti da misure di sicurezza, senza l’autorizzazione di chi ha responsabilità su quel sistema.

La detenzione di codici d’accesso, invece, è quel reato informatico per il quale, con lo scopo di guadagnare o fare un danno a terzi, si acquisiscono (e si diffondono) codici o misure di sicurezza.

La cosiddetta frode informatica è il caso in cui si alteri un sistema digitale allo scopo di accedere a informazioni dati e contenuti in esso custoditi.

Infine sono considerate dei crimini informatici anche le intercettazioni illegali, ovvero l’ascolto o la lettura di comunicazioni tra altre persone nelle quali non si è coinvolti.

Esempi di cyberbullismo

Il cyberbullismo è invece una materia molto più articolata e prevede diverse forme di violenza, tra cui:

  • Denigrazione;
  • Esclusione;
  • Furto d’identità;
  • Molestie;
  • Rivelazione di fatti privati;
  • Sexting e doxing;
  • Stalinkg.

Si ha il crimine informatico di denigrazione quando si insulta qualcuno, utilizzando qualsiasi tipo di piattaforma o strumento digitale, con lo scopo di rovinarne la reputazione.

Molto legato, anche se diverso, è il caso dell’esclusione, ovvero il comportamento teso a emarginare qualcuno da un gruppo del quale fa parte.

Molto più caratteristico del mondo dell’informatica è il cosiddetto identity theft, ovvero il furto d’identità.Questo crimine si verifica quando si crea un profilo falso con lo scopo di arrecare un danno (principalmente d’immagine ma non solo) alla vittima che si vuole colpire.

Molto diffuso è il fenomeno delle molestie, che consiste nella diffusione di messaggi e contenuti offensivi capaci di provocare conseguenze emotivamente e psicologicamente negative.

Il web, e in particolar modo i social network, mettono rapidamente in contatto le persone; diffondere fatti privati e informazioni personali allo scopo di danneggiare una persona è un reato, precisamente quello di rivelazione di fatti privati.

Il sexting e il doxing, invece, sono la diffusione di contenuti a sfondo sessuale (sexting) o di informazioni private (doxing) allo scopo di nuocere all’immagine e alla privacy della vittima.

Infine un fenomeno molto diffuso è quello dello stalking. Si tratta di tutta quella serie di minacce o comportamenti tali a incutere timore nella vittima.

Tutti i reati informatici che abbiamo appena elencato (che sono solamente i più diffusi e noti) sono la riproposizione digitale di crimini e reati già punibili dal codice civile e penale. La differenza, che in molti casi è una seria aggravante, è la capacità del web e dei mezzi informatici di diffondere contenuti e informazioni, con l’impossibilità di poterli rimuovere in maniera definitiva. Il web, quindi, rende ancora più seri, gravi e irreversibili, atti e comportamenti che risulterebbero nocivi anche se compiuti fuori dagli spazi informatici.

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Come procedere per effettuare la denuncia

La prima cosa da chiarire parlando delle difese e degli strumenti di tutela a fronte di casi di crimini informatici, è che l’organo preposto alla gestione di questi reati è la Polizia Postale. Per quanto possa apparire ovvio, forme di giustizia privata o comportamenti criminosi sono da condannare (e sono condannati) sempre, anche se sono possono essere previste attenuanti per la gravità di quanto si è subito.

Il ruolo della Polizia Postale, che agisce dopo aver ricevuto una esplicita denuncia, è quello di individuare il responsabile del crimine, verificare l’accaduto e procedere alle dovute sanzioni. A questo punto, per quel che riguarda l’ordinamento giuridico italiano, è fondamentale una precisazione: la responsabilità degli atti è riconosciuta solamente a soggetti che hanno compiuto il quattordicesimo anno di età.

Inoltre, per poter procedere dal punto di vista legale, è necessario che la Polizia Postale verifichi che il colpevole fosse consapevole dell’atto che ha compiuto (si parla di capacità di intendere e di volere). I crimini informatici di un minorenne non sono impuniti, ma la loro responsabilità può ricadere o sugli insegnanti (e la scuola) o molto più spesso sui genitori. Questo a conferma di quanto il ruolo educativo e di monitoraggio sia sempre fondamentale, anche a fronte delle evidenti difficoltà che questo tipo di comportamento provoca.

A chi rivolgersi quando si subisce un crimine informatico

A corollario di quanto appena detto va specificato che la responsabilità penale è sempre ed esclusivamente personale. Questo significa che se il crimine è compiuto da un minorenne i genitori (o gli insegnanti) possono pagare le conseguenze della responsabilità civile. Per evitare tali conseguenze, magari rivolgendosi ad avvocati esperti in casi di reati informatici, è necessario dimostrare di aver fatto tutto il possibile per educare il minore e per impedirgli di compiere il crimine di cui è responsabile.

La denuncia alla Polizia Postale (che può intervenire anche autonomamente se verifica la presenza di un reato) può avvenire sia online, tramite i canali istituzionali, che recandosi presso la Procura o la sede delle Forze dell’Ordine competenti (Polizia e Carabinieri). I crimini informatici, per la natura globale degli strumenti e degli spazi nei quali vengono perpetrati, sono di competenza del giudice territorialmente responsabile del luogo dove tali reati sono stati compiuti.

La migliore arma contro i crimini informatici: educazione e prudenza

Abbiamo visto cosa sono i crimini informatici e come procedere per difendersi, ma è utile e doveroso anche interrogarsi su cosa si può fare per evitare che casi simili o peggiori si verifichino nuovamente. Per procedere verso questo obiettivo la strada è segnata da due binari che devono procedere sempre parallelamente: educazione e prudenza.

L’educazione non va rivolta solamente alle nuove generazioni o a coloro che non sono dei nativi digitali. Più che sapere utilizzare un PC, uno smartphone o un sito web è importante comprendere come ci si deve stare in questi spazi.

La rapidità di apprendimento e di esecuzione delle operazioni da parte dei giovanissimi non sempre equivale alla consapevolezza che dietro i profili, gli avatar e le pagine, ci sono delle persone in carne ed ossa. Stesso discorso per i più grandi, che devono imparare innanzitutto che il digitale, come detto all’inizio, non è inesistente solamente perché “non si tocca”. Anzi, gli effetti di ciò che accade tra le mura dei bit e dei byte è profondamente reale e carnale, perché ha risvolti immediati sulla vita delle persone.

L’educazione non è solamente comprensione di norme e procedure su come funziona un dispositivo, ma è anche un modo civile di comportarsi in uno spazio condiviso. E cosa c’è di più condiviso di uno spazio digitale? Della bacheca di un social network o delle pagine di un blog?

E su queste considerazioni si innesta anche il discorso della prudenza. Anche in questo caso è un criterio che deve muovere tutti, nessuno escluso. L’entusiasmo della novità e della moda del momento, dato dall’apertura di un nuovo spazio digitale o dalla replica di una pratica diffusa (i selfie, la condivisione delle foto dei propri figli, l’avvio di giochi e applicazioni, la condivisione di dati, eccetera), raramente produce conseguenze positive. Nel dubbio è sempre meglio attendere, specie se non si ha una sufficiente padronanza degli strumenti dei quali si sta parlando.

Non si tratta di estraniarsi dalla realtà o vivere come se il mondo del web non esistesse, ma nemmeno credere che è tutto oro quello che luccica. I crimini informatici sono molto più diffusi di quanto si pensi e la linea che separa un crimine e un reato da una pratica condivisa da tanti e apparentemente innocua è davvero molto sottile. Talmente sottile che sono sempre tanti, troppi, coloro che vi inciampano, pagando conseguenze salatissime che un minimo di buon senso in più, a volte, avrebbe aiutato ad evitare.

Nel caso in cui tu sia stato vittima di crimini informatici o di cyberbullismo affidati ad uno nei nostri avvocati penalisti specializzati in reati informatici che si occuperanno di seguire la tua pratica con serietà e professionalità.

 

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