Cosa si intende con danno ambientale in giurisprudenza, come ripararlo, quali sanzioni sono previste
08 Gennaio 2024 - Redazione
Parliamo di danno ambientale andando a individuare quali sono le condizioni per cui si verifica e quando si può richiedere il risarcimento
Negli ultimi anni è aumentata la consapevolezza sull’importanza della tutela dell’ambiente, un bene prezioso da custodire anche a fronte delle numerose attività che ne ledono l’integrità.
In questo senso, dal punto di vista legale esiste il danno ambientale, una realtà che è bene conoscere anche in termini di normativa vigente andando a comprendere cos’è, quando si configura, quali sono le sanzioni, come procedere e a chi rivolgersi per gestire correttamente questi casi.
- Indice contenuti
- definizione di ambiente e di danno ambientale: articolo 300 del Codice dell'ambiente
- Quando si configura il danno ambientale
- Che cos'è la responsabilità ambientale a livello giuridico
- In quali casi un danno ambientale è risarcibile e quali sono i requisiti
- riparazione del danno ambientale e delle risorse naturali danneggiate
- sanzioni per danno ambientale ed eventuali sanzioni accessorie
- reati esclusi dalla normativa di danno ambientale
- L'importanza di una figura legale nella casistica di danno ambientale
Definizione di ambiente e di danno ambientale: articolo 300 del Codice dell'Ambiente
Per parlare di danno ambientale bisogna partire dalla comprensione di ciò che è, per la Legge, l’ambiente: la Corte Costituzionale, con Sentenza 641/1987, definisce l’ambiente come un “bene immateriale unitario, sebbene a varie componenti, ciascuna delle quali può anche costituire, isolatamente e separatamente, oggetto di cura e di tutele; ma tutte nell’insieme, sono riconducibili ad unità”.
Il Decreto Legislativo 152 del 3 aprile 2006, con le norme in materia ambientale (noto anche come Codice dell’ambiente), all’articolo 300 definisce il danno ambientale come “qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima”.
Non, quindi, qualsiasi intervento contro l’ambiente, ma quelli che provocano un deterioramento delle risorse naturali il cui danneggiamento possa essere misurabile e quantificabile.
Quando si configura il danno ambientale
La legge italiana, anche ricevendo la Direttiva 2004/35/CE del Parlamento Europeo e del consiglio circa la responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, individua quattro diverse tipologie di danno ambientale:
- Danno alle specie e agli habitat naturali protetti;
- Danno alle acque interne;
- Danno alle acque costiere e a quelle ricomprese nel mare territoriale;
- Danno al terreno.
Per essere tale quindi il danno ambientale deve provocare un deterioramento delle condizioni originarie; per quel che riguarda invece il danno alle specie e agli habitat naturali protetti bisogna fare riferimento alla normativa nazionale e comunitaria (Legge 157/1992) che prevede le norme per la protezione della fauna selvatica.
La normativa ambientale prevede che si configuri il danno ambientale nel caso in cui vengano condotte azioni che incidono in maniera significativamente negativa sullo stato ecologico, chimico o quantitativo o sul potenziale ecologico delle acque, così come sullo stato ambientale delle acque marine.
Un discorso simile vale per le acque costiere e per quelle ricomprese nel mare territoriale, comprendendo anche le azioni che incidono in maniera significativamente negativa anche se svolte in acque internazionali.
Il danno ambientale nei confronti del terreno si configura quando viene effettuata qualsiasi contaminazione che provochi un rischio significativo di avere effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell’introduzione nel suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi e microrganismi nocivi.
Esistono poi due tipologie di danno ambientale ben distinte:
- Danno ambientale provocato dalle attività professionali
- Danno ambientale provocato da altre attività
Nel primo caso si fa riferimento a qualsiasi azione condotta da attività industriali, commerciali, agricole, artigianali o economiche che possono essere oggettivamente considerate responsabili di danno ambientale. Rientrano in questa categoria ad esempio le industrie energetiche, quelle per la gestione dei rifiuti, le industrie minerarie, quelle per la produzione e la trasformazione dei metalli, le aziende che si occupano della produzione di carta e cartone, quelle per la tintura tessile e le concerie, così come quelle per la produzione di cibo, carne e prodotti a base di latte. Per queste realtà il danno ambientale si configura oggettivamente a prescindere dal dolo e dalla colpa.
Nel secondo caso invece, il danno ambientale si configura in presenza di un comportamento doloso o colposo che danneggi l’integrità dell’ambiente.
Che cos'è la responsabilità ambientale a livello giuridico
La normativa europea in materia si occupa anche di definire la responsabilità ambientale che si basa sul principio del riconoscimento di un risarcimento a seguito di un danno causato, ma anche sui principi della precauzione, dell’azione preventiva e della correzione.
Tale normativa e tali principi si rivolgono agli operatori professionali che, nell’esercizio delle loro attività, commettono un danno ambientale.
Per questo tipo di attività professionali, infatti, la responsabilità del danno ambientale è oggettiva e non dipende da azioni specifiche o omissioni, ma è sufficiente che sia riconosciuto un nesso di causalità tra l’attività professionale e il danno ambientale.
Per questo motivo la normativa europea prevede diversi obblighi per questi operatori; innanzitutto, in presenza di una minaccia imminente, prima che questa si verifichi è necessario adottare le necessarie misure di prevenzione.
Nel caso in cui un danno si fosse già verificato, invece, gli operatori si devono adoperare per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire gli inquinanti interessati ed eventuali altri fattori di danno mettendo in atto misure di riparazione che siano adeguate ed in conformità con la normativa di legge e che siano state previamente presentate ed approvate dall’autorità competente.
In quali casi un danno ambientale è risarcibile e quali sono i requisiti
Gli articoli dal 311 al 318 del Codice dell’Ambiente disciplinano la questione del risarcimento del danno ambientale.
Innanzitutto, per gli operatori che si sono resi responsabili del danno ambientale viene previsto l’obbligo di adottare misure di riparazione adeguate ai criteri previsti dalla legge ed entro tempi che il Codice dell’Ambiente considera congrui in base al tipo di danno ambientale stesso.
Allo stesso obbligo sono tenuti anche coloro che causano un danno ambientale per dolo o per colpa.
Riparazione del danno ambientale e delle risorse naturali danneggiate
La riparazione del danno ambientale e delle risorse naturali danneggiate varia, ovviamente, a seconda del tipo di azione dannosa.
Nel caso della riparazione dei danni causati all’acqua o alle specie e agli habitat protetti, l’azione può prevedere il ripristino delle risorse alle condizioni originarie, l’esecuzione di interventi finalizzati a compensare il mancato completo ripristino o quelle per compensare la perdita di risorse fino a quando l’azione primaria non abbia determinato un effetto completo.
La riparazione del danno al terreno, invece, ha lo scopo di eliminare il rischio di effetti nocivi che possano sorgere per la salute umana adottando misure che eliminino, controllino, circoscrivano o diminuiscano la presenza degli agenti contaminanti.
Sanzioni per danno ambientale ed eventuali sanzioni accessorie
Tutti coloro che sono coinvolti in un danno ambientale, reale o possibile, possono richiedere l’intervento dello Stato per il risarcimento per un danno ambientale. Nello specifico, il risarcimento non può mai essere condotto tramite quantificazione pecuniaria, ma sempre tramite misure riparatorie.
La riparazione, inoltre, deve seguire le linee guida con lo scopo di tutelare la sicurezza e la salute pubblica tenendo conto che il costo della riparazione non può essere sproporzionato rispetto ai vantaggi assicurati dall’azione riparativa.
Inoltre, ogni soggetto risponde solamente per la responsabilità personale, motivo per cui è indispensabile valutare lo stato delle risorse prima del danno.
Le sanzioni previste per i danni all’acqua, all’aria, a porzioni significativamente estese di suolo e sottosuolo, alla flora e alla fauna prevedono una reclusione che può variare dai 2 ai 6 anni ed una sanzione pecuniaria che può andare dai 10.000€ ai 100.000€.
Per chi provoca un disastro ambientale, ossia un danno irreversibile, la reclusione va dai 5 ai 15 anni.
Reati esclusi dalla normativa di danno ambientale
Esistono alcuni reati che sono esclusi dalla normativa vigente sul danno ambientale; tra questi, rientrano i danni che fanno riferimento alla disciplina sulla bonifica dei siti inquinati.
Inoltre, la disciplina sul danno ambientale non si applica nei casi di eventi causati da conflitto armato, guerra civile, fenomeno naturali inevitabili e incontrollabili, danni provocati da un incidente per il quale l’indennizzo e la responsabilità rientrano nell’ambito di alcune convenzioni internazionali, rischi nucleari relativi all’ambiente, attività svolte in condizioni di necessità, danni causati da emissioni prima dell’entrata in vigore del Codice dell’ambiente, danni dai quali sono trascorsi più di trent’anni e danni causati da inquinamento di carattere diffuso.
L'importanza di una figura legale nella casistica di danno ambientale
Considerando la complessità della disciplina e la delicatezza nello svolgimento di valutazioni e perizie atte a verificare lo stato della biodiversità ed il danno provocato, è indispensabile rivolgersi ad un professionista del settore, che saprà fornirti assistenza in tutte le fasi dell’azione legale per tutelare tutti i soggetti coinvolti.
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