Danni da mobbing: quando chiedere il risarcimento
01 Dicembre 2017 - Redazione
La prima teorizzazione risale a H. Leymann, che lo definì come "terrore psicologico sul posto di lavoro" e mutuò il termine dal verbo inglese “to mob” che significa "assalire, aggredire, accerchiare qualcuno", che in etologia descrive i comportamenti del branco volti ad espellere un membro del gruppo.
Più recentemente lo psicologo del lavoro H. Ege lo ha descritto come "... situazione lavorativa di conflittualità sistematica, persistente ed in costante progresso in cui una o più persone vengono fatte oggetto di azioni ad alto contenuto persecutorio da parte di uno o più aggressori in posizione superiore, inferiore o di parità, con lo scopo di causare alla vittima danni di vario tipo e gravità. Il mobbizzato si trova nell'impossibilità di reagire adeguatamente a tali attacchi e a lungo andare accusa disturbi psicosomatici, relazionali e dell'umore che possono portare anche a invalidità psicofisiche permanenti di vario genere".
Lo psicologo, inoltre, distingue le condotte mobbizzanti in:
- attacchi ai contatti umani (limitazioni alla possibilità di esprimersi, continue interruzioni del discorso, etc.)
- isolamento sistematico (trasferimento della vittima a un luogo di lavoro isolato, comportamenti tendenti ad ignorarla, etc.)
- cambiamenti delle mansioni
- attacchi contro la reputazione (calunnie, pettegolezzi, etc.)
- violenza o minacce di violenza.
A distinguersi sarebbero pure due modalità di mobbing:
- orizzontale, esercitato dai colleghi
- verticale, attuato dal capo verso i sottoposti
Al di là delle differenze, tutti i fenomeni di mobbing avrebbero tratti ricorrenti:
- la ripetitività nel tempo (il tempo minimo è di 6 mesi, con una cadenza delle azioni ostili di almeno un paio al mese, mentre non può ritenersi mobbing il singolo demansionamento, o un trasferimento gravoso)
- l’intento vessatorio
- la riconducibilità ad un progetto di esclusione
- la progressione in fasi.
Sei sarebbero i casi:
- conflitto mirato, in cui si individua la vittima e verso di essa si dirige la conflittualità generale
- l’inizio del mobbing, nel quale la vittima prova un senso di disagio e di fastidio
- prime manifestazioni psicosomatiche del mobbizzato
- fase degli abusi
- aggravamento delle condizioni di salute, con depressione e prostrazione
- epilogo: nei casi più gravi suicidio del lavoratore, o dimissioni £volontarie”, o anticipazione di pensionamenti, o licenziamenti".
Ai fini giuridici deve poi palesarsi il nesso causale tra i comportamenti persecutori e la lesione alla salute, alla personalità o alla dignità del dipendente.
Il caso di specie
Dopo aver discusso delle basi teoriche del reato di mobbing, analizziamo adesso un caso di specie, prendendo spunto per comprendere se esso dà o meno diritto ad un risarcimento, come si arriva alla quantificazione del danno da mobbing, e di quali voci (danno biologico, danno morale, etc.) si sostanzia questa quantificazione…
Al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (sentenza del 10 febbraio 2015) viene sottoposto il caso di un lavoratore, dirigente medico di ortopedia, licenziato dalla azienda sanitaria ove prestava servizio: il soggetto riesce a dimostrare, con accuratezza e dovizia di particolari, tramite copiosa documentazione e risultanze processuali, come, per circa otto anni, sia stato sottoposto ad una serie di comportamenti vessatori ad opera dell'amministrazione ospedaliera.
In particolare, il ricorrente ha subito un progressivo ridimensionamento qualitativo e quantitativo delle mansioni svolte, fino ad essere sostanzialmente privato di tutte le attività rientranti nella sua qualifica professionale, sino ad arrivare all’inibizione dello svolgimento dell'attività chirurgica.
A questo demansionamento si sommano comportamento vessatori, permanenti e sistematici: intimidazioni, contestazioni disciplinari di natura ricattatoria, totale disattenzione nei confronti delle reiterate e motivate richieste del ricorrente, continui trasferimenti da un ufficio all'altro, marginalizzazione, e in ultimo licenziamento. Il tutto segnato da un progressivo peggioramento delle condizioni di salute dell'istante.
Non sussistono dubbi in merito alla ricorrenza del reato di mobbing!
In ottemperamento a quanto previsto dall'art. 2087 cc, il ricorrente ha fornito prova del nesso causale tra l'effetto della violazione dell'obbligo di sicurezza che compete al datore di lavoro e il pregiudizio subito, mentre, di converso, l'Azienda sanitaria si è limitata ad una generica contestazione di tutte le circostanze addotte.
Da ciò l'azienda in questione è stata condannata al risarcimento dei danni.
In particolare, in merito alla quantificazione del danno da mobbing, il Tribunale ha riconosciuto la risarcibilità "di due distinte figure di danno, quello patrimoniale e quello non patrimoniale".
Mentre, come risaputo, la prima fattispecie riguarda la “lesione economica”, la seconda si sostanzia nel danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica, qualora prodotti dalla violazione di diritti inscindibili della persona riconosciuti dalla Costituzione. E tra questi, ovviamente, quello alla salute.
Oltre al riferimento al dettato Costituzionale, ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale, è necessario che:
- la lesione dell'interesse sia grave
- il danno non sia futile, ma rilevante.
Va ricordato che, nella categoria generale del "danno non patrimoniale", non esistono distinte sottocategorie, ma il riferimento a varie tipologie (danno morale, danno biologico, danno esistenziale, etc.) viene effettuato solo a fini descrittivi.
Soltanto in presenza di circostanze specifiche ed eccezionali, e cioè qualora il danno patito sia più grave rispetto a quelli “ordinariamente patiti in conseguenza”, il giudice può, con motivazione analitica e non stereotipata, incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione".
Si tratta dunque di una liquidazione congiunta:
- del danno non patrimoniale conseguente a "lesione permanente dell'integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale"
- del danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni in termini di "dolore", "sofferenza soggettiva", in via di presunzione in riferimento ad un dato tipo di lesione.
Nel caso specifico si è poi tenuto in considerazione il danno professionale (che può consistere sia nel pregiudizio derivante dall'impoverimento della capacità professionale acquisita dal lavoratore e dalla mancata acquisizione di una maggiore capacità -danno emergente-, sia nel pregiudizio subito per perdita di ulteriori possibilità di guadagno –danno da lucro cessante-): anche rispetto a questa voce, poiché è sempre sul lavoratore che grava l'onere della prova, il chirurgo è stato in grado di dimostrarne la sussistenza (e comunque, a questo riguardo, si procede per presunzione).
Se volete approfondire questioni connesse e analoghe vi consigliamo di leggere anche:
- Danno patrimoniale da lucro cessante (Quotalo)
- Danno biologico (Quotalo).
- Mentre, se volete garantirvi l’assistenza legale necessaria perché avete subito un licenziamento ingiusto, culmine di una serie sempre crescente di condotte mobbizzanti da parte dei vostri datori di lavoro, che sono consistite anche in richieste a sfondo sessuale, allora vi consigliamo di attingere dal ricco database che abbiamo messo a disposizione di tutti quelli che, come voi, stanno cercando un avvocato del lavoro, o anche un penalista, che possa accompagnarli in un iter che sappiamo lungo, impervio, e anche doloroso, che necessita di un professionista non solo di notevole esperienza, ma anche dalle spiccate qualità personali…