Fusione societaria per incorporazione: quali diritti spettano ai dipendenti?

17 Gennaio 2024 - Redazione

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Fusione societaria: come possono tutelarsi i lavoratori coinvolti

La definizione di azienda è contenuta nel Codice civile ai sensi dell’articolo 2555, e viene identificata come quel complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa.

In altre parole, l’azienda costituisce l’insieme dei mezzi produttivi, come ad esempio i locali, i macchinari, le attrezzature, le materie prime, i dipendenti e così via, con cui l’imprenditore, ovvero colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine di produrre o scambiare beni o servizi ai sensi dell’art. 2082 c.c., svolge la propria attività.

L’azienda è suscettibile di essere trasferita e ciò concretamente può avvenire a causa di una pluralità di strumenti.

Innanzitutto, il metodo più semplice, è la cessione dell’azienda con autonomo contratto redatto tra cedente e cessionario. In questo caso il primo cede, in genere onerosamente, al secondo la propria azienda in modo da consentirgli di esercitare la propria attività d’impresa.

Tuttavia, la cessione d’azienda, o di ramo d’azienda, può essere ricompresa anche all’interno di una più ampia operazione, ad esempio, in caso di fusione o scissione tra società.

In realtà in quest’ultimo caso, ovvero in caso di scissione e fusione, non si ha propriamente un “trasferimento” nonostante la cassazione abbia parlato di trasferimento durante le operazioni di scissione.

Ormai è consolidato l’orientamento secondo cui le operazioni di scissione o di fusione sono “evolutive” ciò significa che le società coinvolte si evolvono o al massimo si modificano ma non trasferiscono alcunché.

 

Cosa si intende con fusione societaria per incorporazione

Quando si parla di fusione societaria è necessario distinguere la fusione in senso stretto dalla fusione per incorporazione.

La prima forma si ha quando due società si fondono e si estinguono per dar vita ad una nuova società: ad esempio, Alfa S.p.A e Beta S.p.A, si fondono per dar vita ad Omega S.p.A.

La fusione per incorporazione si ha invece quando una società esistente ne incorpora un’altra, anch’essa esistente: Alfa S.p.A incorpora quindi la Beta S.p.A.

In questo secondo caso dunque è possibile distinguere la società incorporanda, ovvero la società che incorpora in sé un’altra società e che nell'esempio sopra riportato è rappresentata dall' Alfa S.p.A, e la società incorporata, che nell’esempio è la Beta S.p.A.

Nella fusione societaria per incorporazione si estingue solamente la seconda società mentre la prima rimane in vita e viene ampliata dal patrimonio della società incorporata.

Come già anticipato, non si tratta di un trasferimento patrimoniale dalla società incorporata all’incorporanda e non si tratta nemmeno di una successione. Si tratta di una particolare operazione tra le società, le quali modificano i propri assetti in forza di ciò che è stato stabilito e deciso dai soci.

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Come è normata dal Codice civile

La fusione è espressamente disciplinata dagli articoli 2506 e seguenti del Codice Civile, che prevedono un procedimento ben preciso per poter addivenire alla fusione.

Più precisamente, il procedimento può essere concettualmente suddiviso in:

  1. Una fase preparatoria;
  2. Una fase attuativa

Ogni fase è a sua volta suddivisa in varie sottofasi da rispettare.

La fase c.d. preparatoria ha inizio con la valutazione delle situazioni patrimoniali delle società coinvolte, dopodichè gli organi amministrativi delle società redigono un progetto di fusione che verrà esposto in seno alle assemblee straordinarie delle società coinvolte a cui sono fornite poi le varie relazioni degli amministratori.

In poche parole, tutte le società, per poter partecipare, dovranno approvare il medesimo progetto di fusione che contiene l’atto costitutivo della società risultante da fusione (nuova società oppure di quella incorporante).

L’approvazione chiaramente deve avvenire con apposita delibera assunta dinanzi al Notaio.

La fase attuativa inizia subito dopo che sono decorsi i termini di legge per consentire agli eventuali creditori sociali di fare opposizione. Dopo che sono decorsi i suddetti termini disciplinati dall’articolo 2503 del Codice Civile senza l’opposizione dei creditori, è possibile procedere alla stipula dell’atto di fusione vera e propria, contratto che deve essere stipulato necessariamente dinanzi ad un Notaio.

In realtà in alcuni casi il procedimento sopra descritto potrebbe variare e può subire delle semplificazioni; ad esempio, in caso di fusione tra società con medesima componente sociale oppure per le fusioni con incorporazione di società partecipate al 90% dalla società incorporante con diritto di exit.

Infatti, quella che viene chiamata fusione semplificata prevede alcune importanti esenzioni nella complessa procedura sopra descritta come ad esempio il fatto che il progetto di fusione non debba indicare il rapporto di cambio né le relazioni degli amministratori e degli esperti.

In poche parole, questo procedimento semplificato trova attuazione solo allorquando non c’è il bisogno di stabilire come devono essere convertire le azioni o quote delle società coinvolte nella fusione ed è prevista nei seguenti casi:

  • Fusione per incorporazione di società interamente posseduta dalla società incorporante; 
  • Fusione tra società che appartengono allo stesso socio;
  • Fusione inversa, in cui la società controllata al 100% incorpora la società controllante.

 

Quali effetti giuridici produce la fusione di due società

Come già anticipato, la fusione tra due o più società non determina effetti “traslativi” bensì evolutivi.

In parole semplici, le società partecipanti alla fusione si “evolvono” e non trasferiscono alcunché (in caso di fusione per incorporazione, l’incorporante “assorbe” l’incorporata).

In realtà la fusione non determina solo l’unione di due o più società in una, oppure l’incorporazione di una società in un’altra, ma può determinare anche altri effetti come ad esempio la trasformazione della società.

Ciò avviene quando la fusione avviene tra società di tipo diverso, si pensi ad esempio ad una Srl che decide di incorporare a sé una Snc.

In tal caso è chiaro che la Snc si trasforma e ciò significa che occorre rispettare ciò che ha previsto il legislatore in tema di trasformazione; ad esempio è necessario, per i soci della società di persone, ovvero la Snc, far redigere una perizia di stima del proprio patrimonio e permarrà la responsabilità illimitata, in capo ai soci, per tutte quelle obbligazioni che sono sorte antecedentemente alla fusione.

Sempre sul piano degli effetti derivanti dalla fusione, l’art. 2504 bis c.c. stabilisce che, per effetto di quest’ultima, la società che risulta dalla fusione, o quella incorporante, assumono diritti e obblighi delle società che hanno partecipato alla fusione proseguendo i loro rapporti anche processuali anteriori alla fusione.

Non a caso nell’atto di fusione viene normalmente redatto un articolo con il quale la società, nella sua nuove veste, autorizza qualsiasi ente, pubblico o privato, a volturare alla società nella sua nuova formazione tutti gli atti, contratti ancora pendenti.

 

Che conseguenze ci sono sul trattamento retribuivo dei lavoratori dell’impresa cedente

Le norme in materia di trasferimento d’azienda (ancorché non si tratta di un trasferimento vero e proprio) si applicano, seppur parzialmente e con qualche adattamento, anche in caso di fusione, sia che si tratti di fusione in senso stretto (due società si fondono per crearne una nuova) sia che si tratti di fusione per incorporazione (una società incorpora a sé un’altra società).

Tralasciando tutta la normativa in ordine al trasferimento dell’azienda ovvero gli articoli 2500 e seguenti del Codice Civile e focalizzando l’attenzione solamente sul trattamento retributivo dei lavoratori dell’azienda, è necessario capire cosa succede in caso di trasferimento d’azienda.

In primo luogo, l’articolo 2112 del Codice Civile stabilisce che in caso di trasferimento d’azienda il rapporto di lavoro dei lavoratori continua con il cessionario ed i lavoratori conservano ogni diritto che ne deriva.

Dalla lettura della norma citata è chiaro che l’obiettivo del legislatore è quello di evitare che i lavoratori possano essere lesi dal compimento di operazioni di cessione.

Agli occhi dei lavoratori infatti l’operazione di fusione è sostanzialmente neutra (con riferimento al trattamento retributivo) poiché subiranno l’applicazione del contratto collettivo che regolava il rapporto di lavoro presso l’azienda ceduta. Allo stesso modo, vengono altresì conservati dai lavoratori tutti quei diritti previsti dalla legge o dal contratto individuale del singolo lavoratore assunto.

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Come funziona la tutela dei lavoratori e la conservazione dei diritti, quali sono i trattamenti economici e normativi

Come già anticipato, in caso di trasferimento d’azienda il legislatore ha cercato di tutelare al meglio i lavoratori, che rappresentano i soggetti deboli coinvolti, garantendo la continuità del loro rapporto di lavoro con il cessionario, ovvero con chi ha ricevuto/acquistato l’azienda.

Il dipendente interessato può permettere al solo cedente però di liberarsi delle sue obbligazioni (nei confronti del lavoratore stesso chiaramente) stipulando un accordo transattivo in una delle sedi protette previste dalla legge. Viceversa, il cessionario rimane responsabile nei confronti del lavoratore a prescindere dal fatto che sia venuto a conoscenza o meno dei crediti spettanti ai lavoratori o che ne abbia avuto modo di desumerli dalle risultanze contabili.

Per quanto concerne il Trattamento di Fine Rapporto, ovvero il TFR, ed i contributi previdenziali, questi invece non sono assoggettati al regime di solidarietà tra cedente e cessionario sopra menzionato.

In pratica, per i contributi obbligatori omessi, risponde solamente il datore di lavoro cedente (è chiaro che nella fusione risponderà o la società risultante dalla fusione o dalla società incorporante visto che il precedente datore di lavoro non c’è più).

Con riguardo al TFR esistono due filoni giurisprudenziali:

  1. Il primo, considera come unico debitore solo il titolare dell’impresa al momento della risoluzione del rapporto, quindi il cessionario;
  2. Il secondo, invece, considera come debitori per la quota di TFR maturato alla data del trasferimento d’azienda il cedente ed il cessionario (in solido) mentre per la quota maturata successivamente il cessionario in modo esclusivo. Chiaramente la questione non ha ragion d’essere in caso di fusione poiché, anche in questo caso, i costi dei contributi e del TFR saranno a carico della società incorporante o della società risultante dalla fusione.
 

Cosa fare qualora uno di questi diritti venisse violato

L’articolo 2112 del Codice Civile gioca certamente un ruolo cruciale nel caso di trasferimento d’azienda, come già sottolineato. Ma cosa succede quando la suddetta norma viene violata?

Il dipendente, o i dipendenti, può impugnare l’atto con cui gli è stato imposto il passaggio alle dipendenze del cessionario. Anche un dipendente che è stato escluso dal trasferimento può far valere i propri diritti in ordine alla prosecuzione del rapporto direttamente verso il soggetto cessionario, impugnando l’atto e chiedendo al tribunale di pronunciare una sentenza costitutiva del rapporto di lavoro in capo al cessionario.

Il termine previsto dalla Legge per l’impugnazione in via stragiudiziale del trasferimento è di 60 giorni decorrenti dalla data del trasferimento stesso. Entro e non oltre i successivi 180 giorni il lavoratore (o i lavoratori) possono incardinare il giudizio dinanzi al Giudice competente oppure comunicare al datore di lavoro l’istanza di tentativo di conciliazione o di arbitrato, fallito il quale il giudizio dovrà essere incardinato entro e non oltre 60 giorni.

Al fine di evitare tutto ciò, il legislatore ha previsto un diritto di recesso in favore dei lavoratori.

Più precisamente, essi possono recedere per giusta causa dal proprio contratto di lavoro qualora nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda, o del ramo, avvenga una modifica delle condizioni di lavoro rilevante. 

Si deve trattare di una modificazione delle condizioni di lavoro sostanziale, che incide in modo peggiorativo, in senso quantitativo o qualitativo, su aspetti economici del rapporto, oppure normativi e professionali del soggetto lavoratore.

Tutela dei lavoratori in fusione aziendale

 

La consultazione sindacale prevista dalla legge

Nelle imprese con più di 15 lavoratori è necessario rispettare, a tutela dei lavoratori, una particolare procedura disciplinata dall’articolo 47 della Legge n° 428 del 1990, la quale impone oneri di informazioni e di consultazione con le sigle sindacali firmatarie dei contratti collettivi concretamente applicati dal cedente e cessionario.

La procedura deve necessariamente essere avviata almeno 25 giorni precedenti alla data prevista per la cessione mediante un invio ai sindacati di una comunicazione sottoscritta da parte del cedente e del cessionario contenente:

  1. La data o la proposta del trasferimento; 
  2. I motivi del trasferimento d’azienda; 
  3. Le conseguenze giuridiche economiche per i lavoratori interessati dal trasferimento; 
  4. Le eventuali misure previste nei confronti dei lavoratori.

I sindacati, in risposta alla comunicazione, hanno 7 giorni di tempo per avvalersi della facoltà di chiedere un confronto congiunto che le parti devono avviare entro i successivi 7 giorni. Di tutto il procedimento viene redatto apposito verbale, il quale cristallizza l’eventuale accordo raggiunto, in caso di esito positivo, o dei motivi che non hanno consentito il raggiungimento dell’accordo, in caso di esito negativo.

 

Come trovare un avvocato specializzato in diritto del lavoro

Le operazioni di fusione sono particolarmente complesse e vedono come protagonisti non solo gli amministratori ed i soci della società, ma anche la figura del notaio e gli avvocati delle società, che spesso si avvalgono di un esperto per evitare possibili pregiudizi derivanti da questa particolare operazione straordinaria.

In realtà il ruolo degli avvocati è cruciale non solo per le società ma anche per i lavoratori che spesso sono coinvolti.

Se sei un dipendente di un’azienda oggetto di una fusione tra due o più società potrebbe essere utile chiedere una consulenza legale ad un avvocato del lavoro al fine di accertarsi che si sia effettivamente rispettato ciò che dispone l’articolo 2112 del Codice Civile, nonché tutte le altre tutele previste dalla legge in favore ei lavoratori.

A maggior ragione, un avvocato specializzato nel diritto del lavoro è fondamentale nel caso in cui le suddette tutele siano state violate da parte delle società coinvolte nella fusione.

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