Istanza di fallimento: quando chiederla e le conseguenze sul fallito
17 Dicembre 2024 - Redazione
Purtroppo a causa delle crisi economica degli ultimi anni sono sempre di più le aziende che falliscono, ma quali sono le condizioni e quindi i presupposti per il fallimento?
In cosa consiste un'istanza di fallimento? Come funziona il procedimento? Chi può fallire?
E quali sono le conseguenze sul fallito?
- Indice contenuti
- Cos'è il fallimento e quali sono i presupposti?
- Chi può presentare l'istanza di fallimento?
- Dove presentare l'istanza?
- Le conseguenze del fallimento
Cos'è il fallimento e quali sono i presupposti?
Il fallimento è una procedura giudiziale di tipo liquidatorio che interviene nei confronti di un imprenditore commerciale o di un'impresa in stato di insolvenza, ovvero quando non è più in grado di pagare regolarmente i propri debiti.
La procedura ha lo scopo di verificare lo stato di insolvenza, accertare i debiti nei confronti dei creditori e liquidare il patrimonio del debitore per soddisfare, per quanto possibile, le richieste dei creditori.
Per poter dichiarare il fallimento devono sussistere alcuni presupposti oggettivi e soggettivi:
- Presupposto oggettivo: Lo stato di insolvenza del debitore, ovvero l'impossibilità di far fronte ai propri obblighi economici.
- Presupposto soggettivo: Il debitore deve essere un imprenditore commerciale, individuale o collettivo, non qualificabile come piccolo imprenditore o artigiano, salvo il superamento delle soglie previste dalla legge (es. patrimonio, ricavi o debiti superiori a determinate soglie).
Chi può presentare l'istanza di fallimento?
L'istanza di fallimento di una azienda, è la procedura attraverso la quale si dichiara il fallimento di un imprenditore che ha un'attività commerciale, sotto forma di ditta o società commerciale iscritta alla Camera di Commercio, avente i requisiti previsti dalla Legge fallimentare.
La dichiarazione di fallimento può essere richiesta da uno o più creditori, dal debitore stesso o dal Pubblico Ministero, nei casi previsti dalla legge.
L'istanza va presentata al Tribunale competente, come precisato dalla Legge Fallimentare 267 del 16/03/1942 e c. c., con allegate oltre ai documenti inerenti la pratica, la ricevuta del pagamento del contributo unificato, della marca da bollo e dei diritti.
Dove presentare l'istanza?
La dichiarazione fallimentare è un atto formale presentato alla Pubblica Autorità, che permette di aprire una procedura di fallimento verso un imprenditore con debiti al di sopra della soglia di 30mila euro.
La conseguenza di una procedura fallimentare, è una sentenza emessa dal Tribunale, che produce effetti aventi natura privata, processuale e penale verso l'imprenditore insolvente, onde recuperare le somme dovute ai creditori.
L'istanza di fallimento può essere presentata da uno o più creditori: dai lavoratori dipendenti del debitore rappresentati da un legale, dal debitore stesso tramite c.d. fallimento in proprio e su richiesta del Pubblico Ministero, se il debito dell'imprenditore risulta nel corso di un procedimento penale.
Per legge il piccolo imprenditore e gli artigiani, non possono dichiarare il fallimento perché non rientrano nel requisito dell'imprenditorialità e delle organizzazioni di beni, a meno che il creditore dimostri che l'imprenditore, abbia avuto nei 3 anni precedenti al deposito dell'istanza di fallimento, un patrimonio di 300mila € l'anno, ricavi per 200mila € oppure debiti, anche non scaduti, per 500mila €.
L'istanza di fallimento va depositata nella Cancelleria del Tribunale della sezione fallimentare nel luogo in cui ha sede legale l'impresa. Nel caso in cui la sede principale dell'impresa sia all'estero, la procedura fallimentare deve essere aperta e dichiarata in Italia, nel caso in cui l'impresa abbia qui la sede secondaria più importante.
All’istanza vanno allegati una serie di documenti attestanti l'insolvenza del debitore, che serve per la verifica dei requisiti soggettivi e oggettivi del debitore, ed una marca da € 3,54 per i diritti di cancelleria, richiesti per depositare l'atto. Il giudice fissa l’udienza e dispone la convocazione del convenuto fallendo.
Nel caso di fallimento in proprio invece, il richiedente può presentarsi di persona in cancelleria o tramite un avvocato, ove il Funzionario provvede nel caso ad autenticarne la firma. Il giudice quindi fissa l’udienza disponendo la convocazione di quest'ultimo solo se richiesto nel ricorso.
Il richiedente quando deposita il ricorso nella cancelleria del tribunale, deve fornire la prova dello stato di insolvenza dell'imprenditore, con titoli esecutivi in originale o copia conforme di decreti ingiuntivi, pignoramento, precetto, fatture non pagate, cambiali scadute o assegni.
Nel caso invece di una richiesta di fallimento in proprio, è aperta una procedura fallimentare a proprio nome, alla quale sarà allegata una specifica documentazione comprovante la capacità di insolvenza, prima di depositare l'atto alla cancelleria del Tribunale.
Allorquando viene dichiarato il fallimento si hanno effetti sull'imprenditore, sui creditori e sui terzi, come dalle conseguenze specificate dagli art. 42/49 della legge fallimentare.
La dichiarazione di fallimento comporta una serie di effetti giuridici che si riflettono sull'imprenditore fallito, sui creditori e su terzi. Le conseguenze principali sono disciplinate dagli articoli 42-49 della Legge Fallimentare e si articolano su tre principali aspetti: patrimoniale, personale e giuridico
Soggetto | Conseguenze |
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Per l'imprenditore fallito |
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Per i creditori |
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Per i terzi |
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Inoltre, il fallimento ha conseguenze penali per l'imprenditore insolvente, nel caso in cui siano accertati comportamenti fraudolenti o irregolari, come la distrazione dei beni, l’occultamento delle scritture contabili o altre violazioni delle norme fallimentari.
Il fallito dalla data della sentenza è privato, dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti, in riferimento a tutti i beni, eccetto quelli esclusi secondo l'art. 46, ossia:
- tutti i beni e i diritti di natura personale;
- gli assegni con carattere alimentare, gli stipendi, le pensioni, i salari e quello che il fallito guadagna con la sua attività, nei limiti di quanto serve per il mantenimento suo e della famiglia;
- i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i beni in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo le disposizioni dell'articolo 170 del c. c.;
- le cose e gli oggetti, che non possono essere pignorate per disposizione di legge.
Per depositare l'istanza di fallimento alla cancelleria del Tribunale, è richiesto il pagamento dei seguenti costi totali, quali: 1 marca da bollo da € 27,00, contributo unificato da € 98,00 euro ed 1 marca da € 3,54 di diritti di cancelleria per l'attestazione di deposito.