Mobbing sul luogo di lavoro: quali aspetti lo caratterizzano e come è possibile difendersi

02 Maggio 2018 - Redazione

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Che cos’è il mobbing? Come riconoscerlo? Quali conseguenze comporta un’esperienza di mobbing sul lavoro? Esistono modi per tutelarsi da questa condotta?


Il verbo inglese “to mob” significa “assalire”, “molestare”, per cui il mobbing sul lavoro indica un insieme di comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti da parte di colleghi o superiori, o anche responsabili e capi (e in questo caso si parla di bossing), che genera nella vittima un senso di terrore psicologico, impedendogli di svolgere serenamente la propria attività.


È chiaro che per attecchire, una condotta mobbizzante deve trovare terreno fertile: un contesto predisponente è un ambiente di lavoro nel quale la competizione è eccessiva ed esasperata, dove non vengono coltivati sentimenti di empatia, condivisione e spirito di gruppo, e soprattutto un contesto “collusivo” e dominato dalla paura di essere coinvolti, di avere ritorsioni di qualche genere o addirittura di perdere il lavoro (in una parola, “omertoso”).


È chiaro che affinché una condotta possa rientrare nella categoria del mobbing lavorativo non può trattarsi di un episodio unico e isolato, ma deve piuttosto:
  • ripetersi per un lungo periodo di tempo;
  • reiterarsi in modo sistematico e continuato;
  • avere uno scopo preciso, quindi essere intenzionale (e magari anche premeditato).


Dunque, il mobbizzato è aggredito con strategie volte alla sua distruzione psicologica, sociale e professionale, che puntano a mimare:
  • gli aspetti lavorativi e sociali, con una perdita progressiva di influenza, rispetto, potere decisionale, e una dequalificazione dei compiti (ad esempio con spostamenti continui e ingiustificati da un ufficio all’altro, oppure con una sistematica e costante ridicolizzazione di fronte a clienti o superiori, arrivando nei casi più gravi anche al sabotaggio e ad azioni illegali), che rendono i rapporti sociali in ambito lavorativo conflittuali e sempre più rari
  • gli aspetti personali ed emotivo-psicologici, con la perdita dell’entusiasmo nel lavoro, della fiducia in se stessi, della dignità
  • la salute: molto spesso l’isolamento e l’emarginazione totali nei quali ci si viene a trovare, e il senso di rabbia e frustrazione per le ingiustizie subite, si traducono a livello somatico (palpitazioni, tremori, sudorazione fredda, cefalea, gastriti e disturbi digestivi, fino ad arrivare a insonnia, difficoltà di memoria e concentrazione, ansia, esaurimento nervoso, depressione, attacchi di panico).


Lo scopo ultimo del mobber (colui che mette in atto condotte mobbizzanti) è quello di indurre le dimissioni volontarie della vittima o un suo motivato licenziamento, e, in virtù del fatto che le ripercussioni sono tutt’altro che trascurabili (in alcuni casi estremi il mobbizzato, vedendo compromesse anche le sue relazioni familiari e sociali, può giungere drammaticamente al suicidio), è opportuno chiedersi se ci sono modi per tutelarsi dal mobbing attuato sul posto di lavoro.


In Italia purtroppo non esistono centri di competenza in grado di supportare un lavoratore vittima di vessazioni sul lavoro, quindi il mobbizzato difficilmente troverà un supporto professionale, mentre in realtà dovrebbe poter fruire sia di un supporto sociale che legale.


Proprio in merito alla normativa ancora molto c’è da fare, visto che non esiste una legislazione specifica relativa al mobbing, e che le azioni e le conseguenze di vessazioni e maltrattamenti in ambito lavorativo possono rientrare in altre fattispecie di reato, come abuso d’ufficio, percosse, lesioni personali volontarie, stalking, ingiuria diffamazione, minaccia, molestie, etc.


Ad esempio, spesso chi è vittima di mobbing viene dequalificato: giuridicamente il demansionamento è vietato dalla Costituzione, rappresentando una lesione della libera esplicazione della personalità del lavoratore nel luogo di lavoro, per cui si tratta di reato il risarcibile.
Risarcibile è pure il danno biologico, cioè la lesione dell’integrità fisica della persona, spesso accordato nei casi di mobbing lavorativo.


Ma in concreto cosa bisogna fare quando si è vittima di mobbing?


Bisogna rivolgersi ad un avvocato e ad enti di supporto (ad esempio, alcune organizzazioni sindacali offrono consulenza e assistenza legale), e nel caso in cui siano stati commessi anche reati penalmente perseguibili è indispensabile contattare un penalista: o un civilista a seconda dei casi sul nostro sito potete entrare direttamente in contatto con gli esperti di diritto del lavoro che operano nella vostra zona di residenza, semplicemente compilando l’apposito form, nel quale vi consigliamo di essere il più circostanziati possibile circa il vostro caso, così da capire fin da subito la strada migliore da seguire…

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